ROOTS
The title Grains of space for this work derives from a concept that explains Carlo Rovelli in his book Seven short physics lessons. Grains of space is the chapter in which he explains the theory that space is made up of space atoms.
Through this work I collect atoms of memories traced back to a specific period of my father’s life. I recompose these atoms, these fragments of memories not lived personally, through the stories of my mother since I was ten years old when he died.
Memory is root. Memory welds us to the ground of existence.
I retrace my imagination, as if I had a memory, of a railway track through nations. The result is a geographical, graphic and, above all, emotional sign of a path that fate had traced for my father: the journey by freight train from Pula to the Stalag IIC in Greifswald in Germany as a German military prisoner after the armistice.
The railway track becomes a sign. A physical and mental path. A journey of thoughts and emotions summarized by a twisted line with a departure and an arrival.
A man among the men unaware of superior violence, victims of murky history that stagnates like a pool of dirty and heavy water on souls and who never ceases to touch us like a ghost through our society still ready for racism, violence, to prevarication.
The attempt to eradicate the memory (the memories) characterizes our society. The result is a sense of dizziness and fear that tries to overwhelm us.
In order not to lose our roots it is necessary to look behind us, close to us, within us. We must go back to being roots.
RADICI
Il titolo Grani di spazio per questo lavoro deriva da un concetto che spiega Carlo Rovelli nel suo libro Sette brevi lezioni di fisica. Grani di spazio è il capitolo in cui spiega la teoria per cui lo spazio è formato da atomi di spazio.
Attraverso questo lavoro raccolgo atomi di memorie rintracciate in un preciso periodo della vita di mio padre. Ricompongo questi atomi, questi frammenti di memorie non vissute personalmente, attraverso i racconti di mia madre poiché avevo dieci anni quando lui morì.
La memoria è radice. La memoria ci salda al terreno dell’esistenza.
Ripercorro con l’immaginazione, come se ne avessi memoria, una strada ferrata attraverso delle nazioni. Ne deriva un segno geografico, grafico e, soprattutto, emotivo di un percorso che il destino aveva tracciato per mio padre: il viaggio con un treno merci da Pola fino allo Stalag IIC a Greifswald in Germania come prigioniero militare dei tedeschi dopo l’armistizio.
Il tracciato della ferrovia diventa segno. Un percorso fisico e mentale. Un viaggio di pensieri ed emozioni sintetizzato da una linea torta con una partenza e un arrivo.
Un uomo tra gli uomini vittime ignare di una violenza superiore, vittime della Storia torbida che stagna come una pozza d’acqua sporca e pesante sulle anime e che non smette di sfiorarci come uno spettro attraverso la nostra società ancora pronta al razzismo, alla violenza, alla prevaricazione.
Il tentativo di sradicare la memoria (le memorie) caratterizza la nostra società. Ne risulta un senso di stordimento e di paura che tenta di sopraffarci.
Per non perdere le nostre radici è necessario guardare dietro di noi, vicino a noi, dentro di noi. Dobbiamo ritornare noi ad essere radici.